“La ragazza del convenience store” è Aspie?

3) Pensiero concreto e razionale

Il suo modo di pensare, di vivere la vita e di lavorare si basano esclusivamente sulla razionalità e sulla concretezza: per Keiko i pensieri astratti e i sentimenti non sono contemplati nella sua vita (vedi il paragrafo 4 sull’assessualità):

“Ero molto brava a riprodurre con precisione gli esempi del coach e dei video che ci mostravano nell’ufficio sul retro del negozio (il konbini n.d.r.) Fino ad allora nessuno mi aveva mai insegnato come rapportarmi con gli altri, in che modo parlare e quali espressioni facciali assumere per apparire “normale”.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

“Di tanto in tanto uso la calcolatrice per verificare il tempo esatto che è trascorso da quel giorno. […] il negozio ha celebrato di recente i suoi diciotto anni di vita, il primo maggio. Sono passate esattamente 157.800 ore dall’apertura. E a trentasei anni anch’io ho celebrato il mio diciottesimo anniversario come commessa del konbini.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

“Quando ho iniziato a fare questo lavoro ho notato subito che i commessi provano una sorta di piacere tutte le volte le volte che si arrabbiano per lo stesso motivo, che si tratti degli scatti di collera del responsabile del menefreghismo dei colleghi del turno di notte. È come se l’insoddisfazione condivisa alimentasse una strana forma di solidarietà. Lo spirito di gruppo si rafforza.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

“Può straparlare quanto gli pare ma non riesco a capire cosa intenda per “mondo imperfetto”. Il suo discorso non ha senso, anche perché non credo che esista un “mondo perfetto” in assoluto. Del resto non mi è mai stato chiaro a cosa si riferisca quando si parla di “mondo”. In fondo che cos’è il mondo? Mi è sempre parso un concetto troppo astratto e inafferrabile.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

4) Assessualità

Per Keiko non è mai stato un problema capire la sua sessualità o provare ad innamorarsi, oramai la sua vita si basa esclusivamente sul lavoro al konbini. Il suo problema, casomai, sono gli altri che la vedono secondo stereotipi sociali che non le rappresentano e le fanno pressione per adeguarsi alle “norme sociali”, che vedono le persone trentenni come Keiko (trentasei anni) almeno già sposate e possibilmente anche con un figlio; oppure, in alternativa, con una carriera stabile e già ben avviata con delle passate esperienze amorose:

“(dialogo tra Keiko e i suoi ex compagni di scuola n.d.r.)<<Keiko, posso farti una domanda un po’ indiscreta? Ti sei mai innamorata?>> mi chiede all’improvviso Satsuki, in tono scherzoso. <<Innamorata? Che vuoi dire?>>. <<Se sei mai stata con qualcuno… Sai com’è, non ce ne hai mai parlato…>>. <<Ah, okay. No, credo di non essermi mai innamorata di nessuno>>. […] Non ho esperienza in materia, non ho una coscienza ben definita della mia sessualità. Non mi sono mai interessata più di tanto all’argomento e, a essere sincera, non l’ho mai vissuto come un problema. Miho e le altre la vedono in modo diverso, lo so, e immaginano che per me sia un dramma. “Poverina, deve essere terribile, chissà che angoscia”, staranno pensando in questo preciso istante. Ma si sbagliano di grosso, io sto bene così, e in ogni caso non è così semplice. Né loro né gli altri ci arrivano, è fuori dal loro modo di concepire le cose. In fondo preferiscono riempirsi il cervello con mille supposizioni superficiali e frettolose e schierarsi indebitamente dalla parte del giusto.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

5) Masking

Tipico atteggiamento delle donne Asperger, che consiste nel cammuffarsi socialmente imitando gli altri per poter essere accettate dalla società. Nel caso di Keiko, sembrerebbe un’osservatrice e imitatrice sia dei comportamenti sia dello stile altrui (anche se in quest’ultimo cerca un minimo di personalizzarlo):

“Il look di Izumi (una collega di lavoro n.d.r.), anche se forse è un tantino appariscente, è tipico delle donne della nostra età, perciò ho preso l’abitudine di spiare la marca delle sue scarpe, dei soprabiti e degli altri indumenti che lascia nell’armadietto. Una volta mi sono azzardata a dare una sbirciata nel suo beauty, rimasto incustodito nell’ufficio del retro, giusto per controllare che tipo di cosmesi usasse. Sarebbe stato poco saggio copiare in tutto e per tutto le sue scelte, mi avrebbe smascherato subito e ci avrei fatto la figura della scema. Perciò ho cercato sul web i prodotti e le marche in questione e ho consultato i blog dedicati alle donne amanti di quel tipo di look. In questo modo ho scoperto dove fanno i loro acquisti e mi sono procurata vestiti e accessori simili a quelli di Izumi, ma non identici. […] Di colpo Izumi getta uno sguardo sulle mie ballerine. <<Le hai prese in quel negozio a Omotesandō, vero? Hanno delle scarpe stupende, mi fanno impazzire, ultimamente da loro ho preso degli stivali>> mi dice con voce strascicata e un po’ stanca. […] <<Ah sì, quelli blu scuro, giusto? Ora che mi ci fai pensare>> ribatto con prontezza, <<ricordo di averli visti un paio di volte, sono molto belli>>. Mentre parlo cerco di imitare Sugawara (un’altra sua collega n.d.r.), mettendoci un pizzico di maturità in più. La sua voce assomiglia a uno staccato vivace, è l’esatto opposto di quella di Izumi, rauca e strascicata. È strano, mescolandole il risultato è eccezionale.”
“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

Preciso che, anche se Keiko fosse davvero Aspie, queste caratteristiche elencate in precedenza (ad eccezione della prima e della seconda caratteristica) non rispecchiano in tutte le persone diagnosticate Asperger: questa è solo una delle possibili e diverse combinazioni che un Aspie può avere; non dimentichiamoci che, esattamente come avviene per i neurotipici, anche noi Asperger siamo unici e diversi tra di noi! Perciò, chiedo a chi legge di non crearsi degli stereotipi sulle persone Asperger basandosi sulle caratteristiche di Keiko.

Essere Aspie nella società giapponese

Locandina, realizzata quando facevo le scuole superiori, di una ipotetica pubblicità sociale che ha come tema il suicidio per il troppo lavoro, fenomeno purtroppo molto diffuso in Oriente. In Giappone viene chiamato “karoshi“.

Secondo il pensiero comune a molte persone il Giappone sembrerebbe un paese Aspie-friendly, in quanto lì non si scambiano contatti fisici come strette di mano o baci di saluto (in Giappone è abitudine fare l’inchino per diverse circostanze), che per un Asperger potrebbe essere un vero e proprio disagio o fastidio ed è la patria degli anime e manga, passioni a cui alcuni Asperger sono appassionati (non tutti ovviamente: esattamente come per i neurotipici, anche gli Aspie sono diversi e unici tra di loro).

In realtà, basandomi sulle informazioni personali, sulle fonti e su ciò che ho letto sul libro, sono soltanto dei miti da sfatare; si potrà notare dalle caratteristiche principali che il Giappone è un paese tutt’altro che Aspie-friendly:

1) Collettivismo

La società giapponese è basata sul collettivismo, ossia una società basata sul principio della propria vita secondo le aspettative della società e del gruppo sociale in cui si vive anziché secondo le proprie aspirazioni personali. In altre parole, in Giappone l’individuo vive e lavora come “ingranaggio” utile alla società e al suo gruppo sociale sacrificando la sua individualità e spingendosi oltre i suoi limiti, come ad esempio succede sul posto di lavoro in cui di fatto i giapponesi sono obbligati ad essere efficienti al massimo sul lavoro e sugli altri facendo gli straordinari (lì è normale dormire sul luogo di lavoro, sia in pieno giorno sia di notte, certe volte non tornano nemmeno a casa) partecipando alle cene extralavorative tra i colleghi per evitare di essere emarginati da loro, come “dei corpi estranei” all’azienda.

Inoltre, se un giapponese fallisce, di fatto fallisce per la società stessa e per il gruppo sociale, che lo esclude e lo emargina all’angolo, facendolo sentire come: un “peso”; una “inutilità”; una “vergogna”; purtroppo lì i suicidi per il troppo lavoro (in Giappone viene chiamato karoshi) sono all’ordine del giorno e derivano dai “fallimenti” dei giapponesi all’ “obbligo morale” di efficienza al servizio della collettività, la loro vergona per questo fallimento è talmente alta da sentirsi come un “rifiuto sociale” che deve essere eliminato per non “danneggiare” l’equilibrio e l’efficienza della società, attraverso il loro suicidio.

Per una persona Asperger, il suo individualismo con i suoi interessi esclusivi e ripetitivi, i suoi comportamenti atipici e la sua difficoltà alle relazioni interpersonali divergono molto dalla società collettiva giapponese, nella quale conta l’efficienza lavorativa e relazionale al servizio della collettività e non contempla in alcun modo l’individuo in tutte le sue sfaccettature. Difatti nella società collettiva gli Asperger sarebbero a maggior rischio di esclusione sociale e anche di suicidio, in quanto loro reggerebbero molto meno a questa enorme pressione sociale.

Credit: https://traveltherapists.it/10-differenze-fondamentali-fra-la-cultura-del-giappone-e-della-corea-del-sud/; https://burogu00.wordpress.com/2013/02/15/lo-spirito-giapponese-3/

2) Aspettative sociali alte e rigide

I salarymen giapponesi, che sono impiegati con il reddito fisso ma con orari e quantità di lavoro massacranti. Credit: https://it.wikipedia.org/wiki/Salaryman#/media/File:Salarymen_in_Tokyo_(2).jpg

Sebbene anche in occidente ci siano delle aspettative sociali alle quali una persona di media si dovrebbe conformarsi (per esempio trovare un lavoro o sposarsi e fare dei figli al più presto per una donna, anche se col tempo le aspettative sono diventate più flessibili e meno pressanti, una donna adesso può rimanere single senza essere vista per forza in negativo), in Giappone queste aspettative sono più alte e vincolanti; Lì il sessismo, soprattutto sul lavoro, è maggiormente presente ma non solo: se una persona esce fuori dagli schemi sociali previsti, in Giappone si viene subito visti come persone “strane” e “anormali”, da relegare ai margini. Le persone Aspie fanno già fatica ad adeguarsi alle aspettative delle società occidentali, ma con i canoni della società giapponese per loro diventerebbe un’impresa ottenere l’approvazione degli altri e riuscire a sopportare le pressioni sociali altrui quando sono o si comportano fuori dal coro.

E lo si può notare leggendo il libro, in cui Keiko spiega bene le aspettative sociali attraverso le sue esperienze:

“[…] Ai colleghi del konbini racconto che i miei genitori sono malati e hanno bisogno di continua assistenza. È stata mia sorella a inventarsi queste scuse per me. Quando avevo vent’anni o poco più non ne avevo bisogno, perché a quell’età non è affatto strano fare dei lavoretti, ma poi mi sono ritrovata a essere l’unica del gruppo a non avere uno status sociale sufficientemente solido, senza un vero lavoro né un marito. […] <<Keiko, posso farti una domanda un po’ indiscreta? Ti sei mai innamorata?>> mi chiede all’improvviso Satsuki (ex compagna di scuola di Keiko n.d.r.), in tono scherzoso. <<Innamorata? Che vuoi dire?>>. <<Se sei mai stata con qualcuno… Sai com’è, non ce ne hai mai parlato…>>. <<Ah, okay. Non credo di essermi mai innamorata di nessuno>>. […] Ammutolite, le mie amiche si scambiano dei lunghi sguardi imbarazzati. Ho sbagliato? Forse avrei fatto meglio a mentire e a inventarmi una risposta più ambigua, del tipo: “Ho avuto delle storie ma niente di che, credo di non aver ancora trovato l’uomo giusto”. […] Ci avrei fatto una figura migliore, stando al punto di vista di persone “normali”. Che stupida, eppure mia sorella è sempre stata molto chiara: <<Per quanto riguarda le questioni private cerca di tenerti il più possibile sul vago. Così il tuo interlocutore interpreterà le tue risposte come gli pare. È un metodo infallibile, credimi>>. Come ho fatto a dimenticarmene? Mi sono fregata con le mie stesse mani.

“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

3) La disabilità invisibile e disprezzata

Come ho accennato in precedenza (vedi il paragrafo “Analisi dei comportamenti di Keiko Furukura”), la disabilità nella società giapponese è scarsamente considerata se non addirittura trascurata del tutto: se già essere diversi è qualcosa di anomalo da correggere, la disabilità diventa addirittura una specie di vergogna, qualcosa da nascondere o peggio da eliminare. È possibile notare questo pensiero in un personaggio del libro di cui non faccio spoiler, posso solo dire che esprime il suo estremo disprezzo per le persone “anormali” socialmente parlando come Keiko e uno simile a lei (non posso aggiungere altro):

“Al’improvviso mi viene un’idea: ora che ho perso i punti di riferimento del konbini forse mi conviene rimettermi al mio istinto primario. […] Mettendo al mondo un cucciolo allo scopo di perpetuare la specie potrei tornare sulla buona strada. <<Mi scusi tanto, posso farle una domanda?>> chiedo alla cognata di Shiraha, prendendo coraggio. <<Per il bene dell’umanità è meglio fare dei figli?>>. <<Eh? Cosa?>> ribatte lei interdetta. <<In fondo siamo animali e dobbiamo riprodurci, no?>> rispondo, cercando di spiegarmi meglio. <<Non sarebbe opportuno che anch’io, al punto o e Shiraha ci accoppiassimo per contribuire alla sopravvivenza della specie? Lei che ne pensa?>>. Silenzio assoluto. Ha riattaccato? Poi sento un respiro lungo e profondo, molto vicino, al punto che quasi che dal cellulare sia per sprigionarsi un soffio d’aria calda. <<Sta scherzando? Una commessa e un disoccupato: come pensate di cavarvela? Non fate sciocchezze, mettere al mondo un bambino non è una cosa da nulla. Vuole sapere qual è la cosa migliore per l’umanità? Glielo dico subito: non diffondere in nessun modo il vostro DNA!>>. <<Ah, davvero?>>. <<Certo! Teneteveli stretti i vostri geni marci e perversi, fino alla morte! E poi portateveli con voi in paradiso, se mai ci andrete, senza lasciarne traccia su questa terra!>>. <<Uhm, ho capito…>>.”

“La ragazza del convenience store” – Murata Sayaka

Non saprei dire se gli orribili pensieri di questo personaggio rispecchiano quelli di un giapponese medio, di certo posso dire che nel caso delle persone Asperger, la difficoltà non solo ad essere diagnosticati correttamente, ma soprattutto ad essere aiutati e supportati nelle loro specifiche difficoltà, è maggiore in una società come quella giapponese che tende a trascurare ogni tipo di “particolarità” umana, disabilità compresa, rispetto ai canoni standard e uniformi di comportamento sociale.

Conclusione

Nel romanzo “La ragazza del convenience store” ufficialmente Keiko Furukura non riceverà alcun tipo di diagnosi e le mie sono soltanto supposizioni basate sul confronto tra i suoi comportamenti e le varie caratteristiche del disturbo dello spettro autistico; tuttavia dai suoi comportamenti descritti nel libro è probabile che lei sia inconsapevolmente Asperger. In ogni caso, il solo fatto di essere diversa dal tipico giapponese medio, comporterà a dover subire discriminazioni e pressioni sociali fin dall’infanzia da parte della società giapponese.

Uno speciale ringraziamento va al professore, anche lui Aspie, Claudio Ughetto, per i suoi suggerimenti nella stesura del mio articolo e per la sua pazienza nel correggerlo il mio articolo sulla parte più tecnica del disturbo dello spettro autistico.

Sakura

Sono una persona con una vena da graphic design, attenta a tutto ciò che riguarda l’aspetto visivo e comunicativo di qualunque cosa come un’inserzione, un sito web o il packaging di un prodotto. Sono molto curiosa nei confronti delle culture straniere, in particolar modo di quella giapponese e coreana: dagli anime ai manga, dal kpop ai kdrama, il loro mondo mi affascina e mi appassiona un sacco. Attenta anche al mio stile e seguo anche le tendenze della moda per personalizzarlo in maniera unica. Questa sono io!

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